In occasione del convegno “Innovazione digitale nelle PMI: uno nessuno…ecosistema!” l’Osservatorio “Innovazione Digitale nelle PMI” della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato i risultati relativi alla digitalizzazione nelle piccole e medie imprese italiane.
I dati principali
Dalle ricerche del Politecnico è emerso ancora una volta il ruolo centrale che le aziende di piccole e medie dimensioni giocano per l’economia del nostro paese: basti pensare che circa 250 mila Pmi sono in grado di produrre intorno al 40% del fatturato nazionale e di assorbire oltre il 30% della forza lavoro. Il 58 % delle grandi PMI ha detto inoltre di avere adottato, o di essere interessata, a soluzioni per ridurre l’impatto energetico mentre il 61% ha introdotto, o si propone di introdurre, pratiche di Corporate Social Responsibility. Dallo studio emerge anche che però circa il 50% di esse non è convinto della centralità della leva strategica della trasformazione digitale per la propria azienda.
Differenze nella grandezza
Lo studio mette in evidenza le differenze tra Pmi “più grandi” e quelle in senso stretto. Infatti, il 61% delle PMI large, ossia aziende che vantano un fatturato sopra i 50 milioni di euro o un numero di dipendenti superiore a 250, considera il digitale come strumento cardine per costruire il futuro dell’azienda, è solo il 35% di quelle più piccole ad essere dello stesso parere. Inoltre, Il 71% delle aziende large mostrano un profilo “convinto” o “avanzato”, rispetto al 50% delle altre. Solo il 29% delle “large” rientra invece nelle categorie degli “analogici” e dei “timidi” (rispetto al 50% delle Pmi). Il digitale è considerato un costo solo dal 2% delle imprese più grandi, rispetto il 16% per le più piccole.
Responsabilità del sistema
Secondo Claudio Rorato, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI, prima di parlare della digitalizzazione di singoli, però occorre parlare di responsabilità del sistema: “troppo spesso si discute sull’arretratezza delle imprese, sulla scarsa cultura digitale degli imprenditori, su visioni poco evolute. L’imprenditore, per la sua stessa estrazione, prevalentemente tecnica, si concentra più sul prodotto che sulla gestione e la programmazione, più sulla quotidianità che sulla pianificazione e la gestione del cambiamento. Ecco, allora, che le associazioni di categoria, le filiere, le supply chain, gli istituti finanziari, la classe politica, la pubblica amministrazione, gli hub territoriali per lo sviluppo digitale devono fare la loro parte per creare le condizioni che permettano di fare impresa. Solo a quel punto, le responsabilità individuali di fare o non fare potranno essere attribuite alle singole organizzazioni”