Ne sentiamo parlare spesso. E’ la leva che fa crescere le startup. Ma cos’è il venture capital? Come lo possiamo definire?
In rete si possono trovare centinaia di definizioni possibili. Quasi tutte sono in inglese. Noi abbiamo trovato un libro molto noto e spesso citato che lo descrive in maniera precisa, puntuale e in italiano. La definizione è quella che Mariana Mazzucato, tra i maggiori studiosi dell’innovazione al mondo e docente di economia allo Science and Technology Policy Research dell’Università di Sussex, ha dato nel suo «Lo Stato innovatore», edito da Laterza nel 2013.
«Il venture capital è un tipo di private equity (Include tutti gli investimenti in società non quotate su mercati regolamentati ndr) che si concentra su aziende agli inizi dell’attività e con elevate potenzialità di crescita. Il finanziamento di regola arriva nella fase di avviamento, oppure, in una fase successiva, come sostegno alla crescita: l’obiettivo dei fondi di venture capital è ricavare un rendimento elevato collocando la società in borsa o attraverso una fusione o acquisizione da un’altra società. Il venture capital colma un vuoto di finanziamenti per le nuove imprese, che spesso fanno fatica ad ottenere credito dalle istituzioni finanziarie tradizionali come le banche e devono affidarsi ad altri tipi di finanziatori: i cosiddetti business angels (categoria che include soprattutto parenti e amici), i venture capitals, il private equity. Queste fonti di finanziamento alternative sono importanti soprattutto per le nuove imprese della conoscenza, che cercano di entrare in settori già esistenti, o per le nuove imprese che cercano di dar vita ad un nuovo settore».
L’importanza del venture capital
Nella fase di avviamento di un’azienda il capitale di rischio scarseggia perché il grado di rischio è molto più elevato, essendo del tutto incerte le potenzialità di una nuova idea e le sue condizioni tecnologiche e di domanda. Invece si è potuto osservare in diverse occasioni, che nelle fasi successive, il rischio cala drasticamente. Di solito il venture capital dovrebbe entrare in scena nella fase del processo di invenzione-innovazione per sostenere l’ascesa del prodotto/servizio. In realtà, la situazione è molto meno lineare e gli anelli di retroazione si sprecano. Infatti, molte aziende muoiono durante la transizione tra una nuova scoperta scientifica o ingegneristica e la sua trasformazione in applicazione commerciale. Questo passaggio tra la seconda e la terza fase è stato spesso soprannominato “la valle della morte”.
Come riescono a guadagnare i fondi di venture capital?
Normalmente i fondi di venture capital puntano su aree con forti potenzialità di crescita, bassa complessità tecnologica e bassa intensità di capitale. Infatti quest’ultimo fattore fa salire sensibilmente i costi. Considerando l’elevato numero di insuccessi nelle fasi ad alto rischio della crescita di un’azienda, i fondi di venture capital tendono ad avere un portafoglio di investimenti diversficato. Anche se la maggior parte degli investimenti di venture capital di solito è strutturata su un arco temporale di dieci anni, la tendenza è di uscire dall’investimento molto prima, per via degli onorari di gestione e delle gratifiche incassate in caso di rendimenti elevati. Queste “uscite anticipate” sono viste con favore perché consentono di crearsi un curriculum vincente e creare altri fondi facendo leva sui rispettivi successi. Tutto ciò crea una situazione in cui i fondi di venture capital preferiscono investire su progetti in cui si prevede di arrivare alla fase di commercializzazione compreso tra i 3 e i 5 anni.